Con decreto legge del 17 marzo 2017 il governo ha abrogato l'istituto del lavoro accessorio rendendo così inutilizzabili i voucher-lavoro tanto utilizzati anche a Capri, soprattutto nel settore turistico. Possono dunque essere usati fino al 31 dicembre i buoni acquistati prima della pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale, mentre dal momento della pubblicazione non sarà più possibile acquistare nuovi tagliandi. Insomma, già da domani non potrete più recarvi in banca, in posta o dal tabaccaio per comprare i buoni lavoro.

Il lavoro accessorio era stato introdotto dalla legge Biagi del 2003 in riferimento a casistiche molto residuali, ma si era sviluppato e diffuso negli ultimi anni in modo da coprire con garanzie retributive e previdenziali minime, insomma far emergere dall'area del lavoro nero, anche le prestazioni lavorative occasionali di breve durata. Purtroppo l'utilizzo dei voucher è stato oggetto di numerosi abusi e spesso l'attivazione di buoni per poche ore al giorno mascherava veri e propri rapporti di lavoro a tempo pieno, che sfuggivano così agli obblighi assicurativi.

Tuttavia è innegabile che lo strumento avesse una sua praticità ed una sua utilità: sono tante le prestazioni lavorative che non rispondono alle forme contrattuali classiche e per le quali è impensabile costituire un vero è proprio rapporto di lavoro, anche in considerazione degli adempimenti legati all'attivazione di un normale rapporto. Il fenomeno per noi più evidente è quello legato alle prestazioni lavorative rese durante eventi speciali quali possono essere ricevimenti, banchetti o serate particolari. È pensabile avviare, magari per una sola serata o per poche serate all'anno, rapporti di lavoro a tempo determinato di durata minima? È una soluzione paradossale, ma dopo l'eliminazione dei voucher è praticamente l'unica rimasta in campo.

Si prospetta quindi una conseguenza ancor più paradossale: per combattere il precariato incarnato dal lavoro accessorio si finirà per favorire il lavoro nero, tornando alla situazione preesistente ai voucher, quella in cui chi ha bisogno di un extra non si pone neppure il problema di come dare una veste di regolarità alla prestazione lavorativa. E così in in questo gioco a perderci sono tutti: dai lavoratori che vengono privati di una seppur minima garanzia previdenziale (anche riguardo alla possibilità di infortuni sul lavoro), ai datori di lavoro sospinti di nuovo verso la deprecabile pratica del lavoro nero per finire con le casse dello Stato che vedranno sfumare i contributi previdenziali raccolti attraverso la vendita dei buoni lavoro.

Ci sembra inoltre che di soluzioni alternative ve ne fossero in quantità: la più semplice sarebbe stata l'innalzamento del taglio minimo dei buoni lavoro. Fino ad oggi è stato possibile acquistare buoni della pezzatura di 10 euro, 2,50 dei quali coprivano la parte previdenziale ed i costi di gestione e 7,50 dei quali venivano incassati dai lavoratori. Portando il taglio minimo a 15 euro, 5 dei quali di oneri contributivi e 10 dei quali di natura retributiva, si sarebbe reso sconveniente, nei fatti, utilizzare i buoni lavoro per mascherare veri e propri rapporti di lavoro. Tale misura, naturalmente, avrebbe dovuto fare il paio con il miglioramento della tracciabilità oraria dei voucher e con la loro interdizione in alcuni settori come l'edilizia.

Purtroppo però in materia di lavoro accessorio si è deciso di ragionare in termini di bassa politica anziché in termini di utilità sociale e praticità. La paura di avviarsi verso una nuova sconfitta referendaria dopo la batosta dello scorso 4 dicembre ha indotto il governo a ribaltare completamente la propria linea politica.

Peccato, qualcuno era ancora convinto che per governare un paese occorresse vestirsi di coraggio e fare, anche controcorrente, le cose giuste, anziché seguire un vento elettorale che, bisognerebbe saperlo, cambia piuttosto rapidamente.

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