Capri, aprile 2019.


L'isola è pronta ad aprire i suoi battenti all'estate 2019. Tutti sono in fermento.

Dopo mesi e mesi di “chiuso per ferie” si ritorna all'apertura. E l'isola, in men che non si dica, cambia volto. Ci si dimentica del grigiore delle carte che tappezzavano le vetrine dei negozi serrati e della desolazione di una Piazzetta con tutti i bar chiusi; ora Capri è piena di persone, di turisti che affollano le strade, di usci aperti e di vetrine colorate.

E così, ci si prepara. I commessi staccano le carte di rivestimento dalle vetrine, nelle stanze degli alberghi le cameriere ai piani stanno togliendo la polvere che ha avuto tanti mesi per depositarsi in questo lungo inverno, negli stabilimenti balneari i bagnini rimettono le scalette al loro posto e i marinai ultimano i lavori di rimessaggio nei cantieri in terraferma.


Tutti carichi. Tutti pronti.

Perchè a Capri, si sa, “so sei mesi ma so tosti”. Non c'è giorno di festa, non c'è impegno che tenga, c'è solo da lavorare. Si inizia a Pasqua, si finisce ai morti. “E negli altri mesi che succede?” “ah non te lo so dire, io di solito vado in Thailandia”.


Però che ci vuoi fare, a Capri si campa di turismo, tutto ruota attorno al turismo. È un ingranaggio perfetto, pronto a macinare soldi, tanti, costi quel che costi.


E così si spiega il fermento, tutti pronti a ricevere quanta più gente possibile, perché, qua, dobbiamo mangiare tutti.


Ci sono loro.


E poi ci sono io.

Prototipo di lavoratrice che col turismo non ha nulla a che fare. Raro esemplare di sfigata in un mondo dove “turismo” è il mantra di una popolazione.


Eppure ci sono. E come me, altri sfigati esistono. Gente che ha necessità di spostarsi in tempi brevi da un comune all'altro e, non ne parliamo proprio, di raggiungere la terraferma. Necessità primarie, che condizionano tutta la tua vita e la tua sanità mentale.
E io faccio parte proprio di quella fetta di popolazione isolana, quella che si ritrova a dover partire più volte a settimana, e siamo in tanti eh. Nonostante questo, sembro invisibile, pare che nessuno si accorga che, a parte la percentuale turismo (99,999%), ci sono anche io e qualcun altro come me (0,001%).


E non saprei neanche dire se è peggio l'estate o l'inverno. Oramai è sempre una schifezza.


D'inverno una diretta Ancapri - Marina Grande ogni ora o due, l'ultimo bus che parte a mezzanotte e le compagnie di navigazione che fanno davvero il cazzo che gli pare. Aliscafi programmati che improvvisamente “vanno in avaria” e cancellano le corse (forse perché eravamo in pochi davanti alla biglietteria, chissà), la nave veloce che si scassa a cadenza settimanale e comandanti che, se possono, si sparagnano la traversata.

D'estate è una merda uguale.
Arrivi tre quarti d’ora prima alla biglietteria e l'aliscafo è già pieno da un pezzo. Chiedi, “per favore, sono residente ho necessità di tornare a casa” ma “se l'aliscafo è completo è completo”. Se invece sei fortunato e riesci a salire, ti capita spesso di fare un bel viaggio in piedi, in mezzo a frotte di americani che brindano a Peroni e gruppi di orientali che fotografano ogni coppola di cazzo.


E poi ci sei tu, povero stronzo che, mentre guardi l'aliscafo che ti ha lasciato a terra perché partito cinque minuti prima dell'orario programmato, ti chiedi perché. Perché un residente deve vivere così? Che ci vuole a migliorare un po' le cose? Ma veramente è tanto difficile? Ma sono solo io che penso che così non si può andare avanti? Fagocitati dalla nostra stessa sete di turismo. Con guide (regolari?) che affollano gli sbarchi degli aliscafi aspettando il branco di turno che imballa tutte le discese. Per non parlare dei facchini che si devono menare avanti per prendere le valigie non appena la passerella si poggia alla banchina e dei vettori che si aggiungono agli altri con i loro cartelli in bella vista. E così arrivi al porto e, nel delirio generale, inizia il valzer della petulanza.

E ci sono i più accaniti che continuano a fermare anche me, che passo di lì tutti i giorni. Perché ormai la macchina da guerra è partita, a chi coglio coglio.


E poi vai a prendere l'auto, perché tanto la diretta è off limits per sei mesi, con le sue file chilometriche sotto al sole cocente, e per raggiungere Anacapri ci puoi mettere anche un'ora.

Taxi, bus, motorino, bicicletta elettrica, bus turistico, navetta, taxi, taxi, bus turistico, N.C.C., bus turistico, bus turistico, auto non residente, motorino in fitto, navetta dell'albergo X, navetta del B&B Y, taxi, bus turistico, auto residente, auto non residente, camion, motorino in fitto, carrello elettrico e io, povero stronzo che non riesce a tornare a casa.

Ma è mai possibile che sia così? Che tutti credono di poter far tutto? Ma soprattutto, è mai possibile che sta bene a tutti?


Sia ben chiaro io non voglio assolutamente dire che queste persone non devono fare il loro mestiere, per carità, ma che tutto questo va regolamentato, costi quel che costi. Costi le inimicizie di categorie, i voti in meno, le chiacchiere e i commenti da bar.


Parliamo di vivibilità, di tutelare una serie di diritti che devono essere innegabili per un residente.

Si tratta di presentarci meglio, di darci delle regole.

Si tratta di vivere meglio.