L'intervista rilasciata da Salvo Riina a Porta a Porta, in occasione della presentazione del suo libro, è stato uno di quegli spettacoli che ti lasciano stupito per un po'.
Ci eravamo abituati ad ascoltare le vittime, i parenti di queste; spesso qualche pentito, figli di malavitosi, tipo Vito Ciancimino, che pur senza rinnegare i propri genitori, almeno ammettessero le loro colpe; talvolta sedicenti criminali col volto ben oscurato per non farsi riconoscere...

E invece, il figlio del capo dei capi, ha avuto la sfrontatezza di presentarsi nel salotto televisivo più importante d'Italia rispondendo a domanda, che:
Lui rispetta e onora il genitore. Se ha ucciso non tocca a lui giudicarlo.
Il traffico di stupefacenti, il racket, gli omicidi non sono esclusività della mafia; e in ogni caso non tocca a lui giudicare se queste cose siano bene o male.
Lo Stato è l'entità in cui vive; lo rispetta anche se non condivide alcune leggi e alcune sentenze. Per lui, l'arresto di Totò Riina non può essere considerata una vittoria dello Stato, perché glie ha tolto suo padre.
Trova assurdo che i pentiti abbiano sconti di pena per la loro collaborazione e reputa insulso che questi traggano vantaggio dal rovinare altri. In ogni caso, verrà il giorno in cui saranno giudicati da Dio.
Falcone e Borsellino li rispetta, così come rispetta tutti i morti.
Dice di non avere mai sospettato che dietro l'attentato ai due potesse esserci il padre...
L'ex fidanzata l'ha appeso nel momento del bisogno. Che tracina.
Lui ha imparato valori fondamentali come il rispetto, l'amore per i genitori e la famiglia.
Rispetta il IV comandamento, ma non tutti i comandamenti, tipo "non uccidere".
A tratti sembra non riesca a soffocare una specie di sorriso...

Vien da chiedersi perché il figlio del più noto dei mafiosi ha scritto un libro, limitandosi a raccontare com'era felice prima che arrestassero il padre e la loro vita familiare, senza aggiungere nessuna notizia rilevante, qualche giudizio generale, qualche analisi della situazione... Ha forse bisogno di soldi?
Non ha nulla da dire a chi il padre l'ha perso per colpa di suo padre?
Può la televisione di Stato permettersi di fare pubblicità a cose del genere?
Il dubbio è quasi che Salvo Riina non stesse parlando ai telespettatori ma a qualcun altro.
In fondo non va biasimato: anche la mafia è un'entità in cui si vive. E lì le regole statuali e sociali sono molto diverse da quelle comuni.

Antonio De Gregorio