Nel 2012 veniva istituita anche dai comuni dell’isola di Capri, a seguito della legge n. 44, un'imposta di sbarco che sostituiva l'imposta di soggiorno fino ad allora vigente. Il nuovo tributo aveva il fine di colpire i turisti al momento dell'arrivo, presentandosi come una sorta di rivalsa per l'impatto che le attivitá di sbarco ed accoglienza hanno sul territorio delle isole minori e sul loro, spesso fragile, sistema ambientale e di trasporti. D'altro canto si presentava pure come strumento di supporto al turismo stanziale, precedentemente tassato, a scapito del turismo cosiddetto mordi e fuggi. Per legge i proventi dell'imposta sarebbero stati destinati al recupero dei beni culturali ed ambientali ed al sostegno ai servizi pubblici. I due comuni decidevano quindi di fissare ad 1,50 euro, tetto massimo previsto dalla stessa legge, il prezzo per mettere piede a Capri.

Naturalmente la questione della ripartizione delle nuove entrate fece la parte del leone nel corso di riunioni preparatorie che raccontano ben poco tranquille. Al termine del dibattito si decise, sulla base delle indicazioni fornite anche dal rapporto CENSIS del 2009, ed in considerazione della presenza sul territorio della Cittá di Capri della maggioranza delle attività ricettive, oltre che naturalmente del porto commerciale, che il gettito della nuova imposta sarebbe stato destinato per il 66% a Capri e per il 34% ad Anacapri. Si riconosceva quindi che i maggiori costi sostenuti in Piazzetta per il comparto turistico-ricettivo ammontassero al 32%. Si ipotizzava, sempre in quell'occasione, che i contribuenti sarebbero stati un milione e mezzo e questo si sarebbe tradotto, rispetto al precedente regime dell'imposta di soggiorno, in una perdita di 190.000 euro per Capri ed in 90.000 euro di maggiori entrate per Anacapri.

 

Nel 2015, a tre anni dal’istituzione dell’imposta, i paganti sono stati grosso modo un milione e settecentomila con un gettito complessivo di circa 2.550.000 euro di cui quasi 1.700.000 euro per Capri ed 870.000 euro per Anacapri. Alla luce di questi numeri l’imposta di sbarco si è rivelata un buon affare per entrambi i comuni.

La legge 221/2015 ha ora cambiato le carte in tavola, prevedendo la possibilitá di innalzare l'importo di  quello che adesso si chiama contributo di sbarco fino a 2,50 euro ed in alcuni casi fino a 5 euro. I temi della misura del contributo e della sua ripartizione sono tornati allora prepotentemente alla ribalta. Se però la città di Capri sembra accettare di buon grado la proposta anacaprese di innalzare la gabella a 2,5 euro, é proprio sulla ripartizione delle entrate che casca l'asino.

Continuare con le quote istituite nel 2012 o dividere a metà l'extragettito determinato dal rincaro del contributo?

Facile intuire che a Capri si sostiene la validità delle percentuali del 2012, mentre ad Anacapri si ritiene che: "Tutti gli importi derivanti da un'applicazione superiore ad 1,5 euro devono essere suddivisi al 50%". É chiaro pure come quest’ultima posizione non possa essere accettata dall'amministrazione caprese né politicamente, né dal punto di vista economico. Quando si parla di futuro bisogna tener conto che il futuro è piuttosto lungo ed accettare sin d'ora la divisione a metà di tutti i futuri aumenti, compresi quelli destinati, anche parzialmente, a far fronte ad un'inflazione che solo per adesso non si vede, significherebbe stabilire la progressiva erosione di quei maggiori oneri riconosciuti a Capri nel 2012 e che Capri in effetti sostiene.

La nuova normativa ha poi anche modificato le finalità del contributo, ricomprendendovi, questa volta esplicitamente, il sostegno finanziario alla raccolta dei rifiuti. Appare quindi probabile che parte del nuovo gettito verrebbe dirottato verso una gestione, quella dei rifiuti, che registra da anni un'inarrestabile progressione delle tariffe senza apparenti benefici di bilancio.

Fin qui le cronache, che registrano pure la minaccia caprese di istituire, in assenza di un espresso divieto di legge, un autonomo contributo di sbarco in caso di mancato accordo tra i due comuni.

Nel mondo che vorremmo invece i due comuni coopererebbero in maniera costruttiva, e senza fughe in avanti, per raggiungere un accordo che fosse premiante per l’intero sistema-isola. Sempre in quell’ipotetico mondo il dibattito verterebbe, prima ancora che sulla misura e la ripartizione del contributo, sul modello di turismo che vogliamo realizzare e sugli scopi verso il quale il gettito dovrebbe essere indirizzato. Solo la presenza di idee e visioni chiare a questo riguardo permetterebbe di passare dal semplice accaparramento di risorse al miglioramento dell’offerta turistica, e di trasformare il turista da vacca da mungere a risorsa da coltivare.

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