Chiusi nelle quattro mure la testa ci fuma, perché sappiamo che siamo immersi in una vicenda più grande di noi e che un giorno tutto questo dovrà essere raccontato ai posteri affinché evitino i nostri errori. Come sarà il mondo tra qualche tempo è il grande enigma, può essere che le cose riprendano gradualmente la loro "normalità", come è successo in quel passato lontano che abbiamo, fino ad ieri, per lo più ignorato: i racconti sulla peste, sulla spagnola, sul colera, sono stati letti o ascoltati con il distacco che contraddistingue ciò che riteniamo irripetibile e che mai ci toccherà da vicino. Forse un giorno succederà lo stesso con i racconti del Sars-Cov-2, su come il mondo l'abbia inizialmente sottovalutato e come il popolo Italiano impastava pane nelle cucine e cantava sui balconi. Dalle macerie l'uomo si è sempre rialzato e ha continuato a fare più schifo di prima. Eppure sentiamo nel profondo che da questa quarantena dovremmo imparare una lezione: una di sicuro è che assolutamente non si devono assaggiare i pipistrelli comprati in un mercato cinese, un'altra, un tantino più profonda, è legata al nostro modello di società. A tal proposito riporto qualche spezzone tratto da interviste e documenti di coloro che ritengo essere buoni maestri:

"La presenza del Covid-19 nel mondo occidentale è il risultato automatico di uno stile di vita e di un modo di produzione che per avidità, fretta, anche ignoranza, ha messo tra parentesi i pericoli che da sempre minacciano l'uomo, il suo corpo e la sua vita. Questa è la prima vera pandemia globale (dopo l'Aids, che l'aveva preannunciata verso la fine del secolo scorso) e ci mostra perfettamente per quale ragione il modello di sviluppo globalizzato sia un binario morto, da abbandonare al più presto: destabilizzante e omicida com'è porta solo alla morte.
L'uomo non è globale, è locale: se lo stacchi dallo spirito e dalla comunione con la sua terra (il "genius loci" così caro a Jung), perde forze e si ammala.
L'arrivo del virus non è un bizzarro incidente, ma un aspetto strutturale di questo tipo di sviluppo. Quando togli i confini agli uomini, non puoi aspettarti che li rispettino i virus."

(Claudio Risé)

"Gli ecosistemi naturali svolgono anche un ruolo fondamentale nel regolare la trasmissione e la diffusione di malattie infettive come le zoonosi (le malattie che passano dagli animali all'uomo). La distruzione di habitat e di biodiversità provocata dall'uomo rompe gli equilibri ecologici in grado di contrastare i microrganismi responsabili di alcune malattie e crea condizioni favorevoli alla loro diffusione. In aggiunta la realizzazione di habitat artificiali o di ambienti poveri di natura e con un'alta densità umana possono ulteriormente facilitare la diffusione di patogeni. I cambiamento di uso del suolo e la distruzione di habitat naturali come le foreste sono responsabili di almeno una metà delle zoonosi emergenti. La distruzione delle foreste può quindi esporre l'uomo a nuove forme di contatto con microbi e con le specie selvatiche che li ospitano."

(Wwf)

"Non poteva andare in altro modo, lo sapevamo perfettamente e lo diciamo da sempre: una società che adora il dio denaro, alla prima crisi, crolla miseramente. La gente ha così fiducia in se stessa e nello Stato in cui vive, che svuota i supermercati presa dal panico; del resto, se si costruisce una società basata sulla dipendenza energetica e alimentare in primis, i risultati non potevano che essere questi catastrofici in cui veniamo privati anche delle libertà fondamentali."

(Paolo Ermani)

 

In estrema sintesi dovremmo trovare la forza per tornare nei luoghi della nostra anima per proteggerli e curarli. Il lavoro moderno che ci vede fare carriera in giro per il mondo, come esuli senza patria, come cittadini del mondo globalizzato, fa ammalare il mondo e noi per primi. Il mondo poi è un malato grave già da prima dell'avvento del coronavirus, che è solo uno degli effetti delle politiche scriteriate dell'uomo: la desertificazione dell'Europa e di aree enormi del mondo incombe,  ed è un problema che vediamo lontano come se la scarsezza d'acqua possa capitare solo agli Africani, con la stessa miopia con cui credevamo che il virus se lo potessero prendere solo i "Cinesi che si mangiano i topi vivi" (Luca Zaia, maestro pessimo). Chi ha un giardino ed un orto oggi sta molto meglio di chi vive in un appartamento in centro: poter dedicare parte del proprio tempo per curare la terra e coltivare il cibo che mangeremo ci permette di essere liberi, sempre. L'autonomia alimentare ed energetica è stata troppo sottovalutata: in Italia, in questo senso, la situazione è tragica dato che solo il 4% della popolazione sa prendere una zappa in mano. 

Voi cosa ne pensate? Scriveteci pure la vostra opinione.