Ed ora, giunti a questo terzo appuntamento, vogliamo spenderla una parola versus certi docenti che concorrono all'insuccesso dei ragazzi? Spendiamola. Appartengono, costoro, a varie tipologie. Sono, per esempio, soggetti che hanno ripiegato sull'insegnamento per impossibilità nel trovare una via più confacente ai propri studi; oppure persone frustrate, con problematiche e complessi personali che gli fanno perdere il senso dell’ umanità e della delicatezza con cui vanno trattati bambini e adolescenti; possono essere anche persone con una seconda professione, più appagante, e che considerano l’ insegnamento come un mero arrotondamento di stipendio; sono, ancora, soggetti che a loro volta hanno studiato poco e male, ottenendo diplomi e lauree per vie traverse e clientelari. Oppure, semplicemente, tipi poco avvezzi a considerare il fattore umano insito in quei numeri (per loro) seduti nei banchi. Ometto altre tipologie perché dovrei avventurarmi nel discorso opposto: quali prerogative dovrebbe avere un buon insegnante.

Nessuna riforma scolastica, nessun ministro della Pubblica Istruzione hanno trovato finora un sistema per stanare gli insegnanti che chiudono le porte del futuro a tante persone. Le valutazioni volute da Renzi e Giannini? Che ne parliamo a fare? Personalmente le trovo aberranti. E’ difficile valutare l’operato di un prof, ma in realtà gli effetti sono sotto gli occhi di tutti, soprattutto se si osserva la carriera del suddetto e degli stessi alunni nel loro divenire, e soprattutto in territori piccoli come il nostro è facile avere un feed back che dimostri la produttività e il buon operato.

Se poi vogliamo affrontare l’argomento spinoso della continuità didattica inficiata dalla presenza di personale scolastico non residente, diciamo alcune cose. Fino a qualche anno fa i docenti non residenti assicuravano la loro presenza sul posto in quanto erano motivati dal raddoppio del punteggio, attribuito per decreto legge ai comuni montani e alle piccole isole. Inoltre gli era facile, dal punto di vista economico, affittare un appartamento. La geniale ministra Gelmini (governo Berlusconi, ricordate?) eliminò il raddoppio del punteggio e pertanto ai precari venne meno la motivazione principale. Inoltre tanti proprietari di case hanno ritenuto più proficuo l’affitto a turisti o a famiglie che possono sostenere prezzi più alti. Ai docenti, che per necessità amministrativa sono assegnati a Capri, non resta che il pendolarismo, interrotto spesso da cause di forza maggiore, cioè la sospensione dei mezzi marittimi per le condizioni del mare. Viene naturale ritenere che un personale docente prettamente isolano possa giovare in termini di continuità didattica, ma è opportuna una riflessione che può risultare antipatica e che lasciò perplessa anche me, quando la sentii, tanti anni fa. Qualcuno sosteneva che avere tutti insegnanti del posto crea una sorta di circuito chiuso, mentre la presenza di persone che hanno un vissuto meno ovattato di quello caprese, maturato su esperienze più varie e in realtà diverse tra loro, apporterebbe un contributo più “aperto” e stimolante. Il concetto può essere condivisibile, ma è chiaro che la questione riguarda i singoli soggetti. Si possono avere mentalità aperte e innovative anche vivendo in piccoli centri. L’ esperienza personale, formata su viaggi, studi, letture, conoscenze, curiosità, originalità, preparazione, aggiornamenti ognuno se la può creare, volendo. Volendo.

Una cosa, però è certa, ed è sotto gli occhi di tutti. La scuola non sta tanto bene in salute. Qui come altrove. Alcune delle cause sono state indicate in precedenza. A Capri certo non aiuta la condizione degli edifici delle Superiori, annosa questione che fu studiata e affrontata circa 40 anni fa, allorché l’architetto Enrico Lucca progettò un edificio comprensivo per tutti gli indirizzi presenti sull'Isola. Finalmente il progetto è in via di realizzazione e, almeno, da questo punto di vista, lo stato delle cose dovrebbe migliorare. Ma si deve lavorare anche e soprattutto sulla qualità della didattica, che ha subìto una flessione a livello nazionale ed anche locale. Mi rifaccio a dati statistici ma anche a constatazioni personali. I livelli qualitativi si sono abbassati. Dall'asilo alla primaria alla secondaria si nota una differenza marcata con quelli di anni precedenti. Tanto per fare un esempio, prima era più elevato, nelle dovute proporzioni, il numero dei ragazzi che frequentavano l’Università. Del resto chi vi si iscriveva, portava a compimento il corso. Oggi non solo tale numero è calato, ma capita anche, purtroppo, che in tanti si iscrivono ma poi abbandonano la facoltà per una inadeguata preparazione a sostenere gli studi. E su questo c’è molto da riflettere. La responsabilità maggiore è imputabile alla scuola, ma anche alle scelte personali. Non si può pretendere di seguire un percorso di studi che si presenta facile, applicarsi poco e svogliatamente e sperare di affrontare Facoltà che richiedono un adeguato bagaglio di conoscenze ed esperienze. Per quanto riguarda Capri, personalmente resto impressionata quando sento di ragazzi che non vogliono staccarsi dal nido per frequentare in terraferma corsi di studi più confacenti alle proprie attitudini, e che quindi ripiegano su quelli del posto, come se fossero un parcheggio finalizzato al “pezzo di carta”. Quella carta te la dovrai giocare all’ università, bello! Peggio ancora è quando mammina ha paura di far svolazzare il pargolo oltre l’isola. Non ha capito, la signora, che l’esperienza del viaggiare da solo, del vivere in una città, del confrontarsi con compagnie variegate e con realtà anche difficili, serve a maturare, a crescere meglio, più consapevole della propria personalità. Anche un fagiolo può germogliare se messo nell'ovatta inumidita, ma volete mettere il fagiolo che cresce rigoglioso e forte in mezzo a una piantagione?

 

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